giovedì 1 gennaio 2015

LIMONARE

Tu hai gli occhi felici di un cane da appartamento signorile. Non ti ha toccato nessun problema nella vita, tranne forse una lieve isteria, che hai pensato di curare andando a vivere a Parigi, dove, come dici tu, sono tutti un po' folli e "io mi sento a casa". Hai braccia lunghe e magre, porti un vestito rosso e bianco estivo, per i nostri due gradi milanesi, ma sembra esserti caduto addosso per sbaglio o che tu l'abbia raccolto in qualche dormitorio, come Suzanne di Cohen, ma tu non reggi lo specchio.
Balli come raffaellacarrà durante un attacco epilettico.
Hai una voce infantile e un finto accento francese, sul tuo italiano che dovrebbe essere italiano visto che, SEI italiana.
Mi racconti la storia di una sceneggiatura che hai scritto, molto debole e poco interessante.
Fai atti eclatanti di infantilismo come sparire o cambiare musica o mangiare pezzi di ananas con lo sguardo fisso nel vuoto, guardando gli altri come se fossero gli adulti e tu la piccola.
E allora perchè da mezz'ora non riesco a staccare le mie labbra dalle tue in mezzo alla pista da ballo di un vecchio locale pop-retrò di milano, schiacciate da una ressa di gente che stasera, perdio di tutte le sere, si deve divertire?

Non c'è sensazione soave come quella di baciare un'altra persona. E' quel moscacieca nel soffice del viso, è carezzarsi ridacchiando come due bambine autistiche - tu più di me -, sapere anche a occhi chiusi che la bocca è lì, è una vertigine quando si supera per la prima volta lo spazio di sicurezza dell'altro con il viso, quel pericolosissimo viaggio del viso verso il viso dell'altro. Mi trovo a dondolare lentamente, probabilmente una mano si appoggia al fianco ma solo per trovare qualcosa da fare o forse per trovare la giusta leva. Dopo un po' che dondoliamo mi accorgo che quella sensazione di precarietà, di non sapere dove mettere il corpo è svanita, abbiamo trovato un punto di contatto che ci fa restare in equilibrio, come certi esercizi zen che ti chiedono di mettere in equilibrio una pietra perpendicolare su un'altra. Esiste un punto di equilibrio che è solo uno. 

Io poi spesso inclino la testa perchè sono mediamente più alta e di solito la inclino a sinistra. Tu hai una bocca che a parlarti sembra grande e carnosa, ma a baciarti è piccola e ruvida, come quella di un gatto, senza i denti affilati. Mi piace che mentre ti bacio sento un preciso flusso di elettricità scorrere nelle nostre bocche, come se stessimo parlando. Si crea uno spazio di tepore solo nostro e siamo in mezzo a centinaia di persone ma quello spazio è protetto come se avessimo trovato un ombelico, un riparo, un varco. C'è la rivelazione dell'umido, la lingua, che fornisce informazioni ancora più sottili e intime alla mia. Lo chiamano bacio alla francese. Mortaccitua. Proprio dalla Francia dovevi tornare stavolta?

Qua, in Lombardia, dove si mangia sushi con contorno di cassoeula, dove tutto è nebbia, buon senso e modi bruschi, qua dove per la prima volta mi è capitato di arrossire ascoltando certe espressioni o certe parole, qua, baciare si dice limonare. 
L'ho sempre trovato imbarazzante come termine, forse per via di quella L che alludeva al liquido e a troppa intimità esposta, poco romantico il termine limonare, specialmente in bocca a certi amici miei che amano espressioni come "limonare duro". 
Ma stasera ho scoperto l'etimologia, che è molto più lieve e romantica di come me l'aspettassi. Limonare deriva proprio da limone, di solito venduto in coppia dagli ambulanti che esclamavano "cinq ghei due, i limonitt'", cinque centesimi due limoni. I milanesi hanno poi preso in prestito l'esclamazione per canzonare le coppie d'amanti.
I limoni venivano venduti solo al paio proprio perchè due su uno stesso picciolo.
Come mi sento io mentre ti bacio e non riesco a staccarmi.







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