lunedì 4 giugno 2018

lesbica

Non esiste sul dizionario etimologico. Ma la sua origine è geografica e non stratificata nel tempo per usi o diluizioni di vocali e flessioni di consonanti. Si ritrova sull'isola di Lesbo, nei tìasi, dove le giovani fanciulle ricevevano un'istruzione e probabilmente venivano iniziate ai piacersi sessuali dalle stesse insegnanti, da cui il termine. Ora quell'isola è terra di approdo di disperati dalle terre dell'inferno. E anche per me è stata terra di approdo temporaneo. Non so cosa sia stato il mio lesbismo ma so cosa sono per me le lesbiche. Per me le lesbiche sono creature straordinarie, ondine o sirene mai viste prima con iridi fosforescenti e arti sovrannaturali. Mi ricordo la prima donna di cui mi sono innamorata. Una specie di fenditura luminosa nel tempo, capace di fare cose incredibili: l'ho vista volare come un rapace e saltare come un tirannosauro, sfidare il sole e diventare maschio o femmina in base al riflesso della luna. Non mi venite a dire che le lesbiche sono come gli altri, non è vero: le lesbiche sono creature ultraterrene: sono più intelligenti, leggono il pensiero, sanno riparare i lavandini, si aiutano e sostengono a vicenda sempre, si vestono come cazzo vogliono e sono maestre di intenso piacere perché imparano a conoscere il deliberato piacere di ogni cosa. 
Sull'isola delle lesbiche - e a Milano quest'isola è grande e ben protetta, enorme ma quasi invisibile a chi non la conosce - ho potuto fare tutte le cose che tra gli etero non potevo fare: ho riconosciuto la mia intelligenza e l'ho pettinata e ornata con piume di pavone immortale. Ho ballato come volevo, come se non dovessi sedurre nessuno ma per riscoprire il violento piacere del mio corpo. Ho baciato e toccato e agito con audacia - come un uomo - con corpi morbidi come il mio, ho baciato altre labbra soffici e delicate come le mie. Ho guardato una donna con desiderio, anche ridendo dentro perché mi sembrava comunque una cosa ridicola, come se non ci fosse bisogno poi di tutta questa eccitazione sessuale per comunicare a una donna - a tutte le donne - il mio profondo amore per colei con cui condivido un organo genitale - o un modo di sentire il mondo. 
Forse è per questo che, sebbene mi sia ritornata una gran voglia di cazzo che soddisfo senza indugio e che quindi mi fa salpare dal porto di lesbolandia (senza che tra l'altro molte si siano accorte della mia permanenza), mi sento e forse mi sentirò lesbica ancora a lungo, lesbica come qualcuno che abita un'isola dove ci siamo solo noi che non siamo il completamento di nessuno, lesbica come donna che esplora senza vergogna ogni singolo centimetro di autodeterminazione, in un proprio ecosistema completo e rigoglioso. A me forse non basta una stanza tutta per me, io voglio un'intera isola tutta mia.