mercoledì 3 aprile 2019

acqua

Vedo che non ti importa, mi dici. Siamo in piedi nella mia vasca da bagno che è una di quelle vecchie in cui per entrare devi piegare le ginocchia. Io sono seduta nella parte più alta, tu sotto dove c'è lo scolo. Sono appena più alta di te e ti insapono la testa e ti bacio senza distinguere più la bocca, dal mento, dal sopracciglio, dal capezzolo, dalla piega dell'ascella. Tutto mi sembri di acqua. Sei dei pesci, questo di te l'ho saputo prima di incontrarti perché si vede sul tuo profilo Facebook. Non ci credo a questa cosa dei segni. Però ci credo. Tu tieni in mano la cornetta della doccia che invece quando sono da sola maneggio io per darmi piacere. 

Il segreto piacere dell'acqua è iniziato un pomeriggio per puro caso, credo intorno agli undici anni (esiste un'età incomprensibile tra gli otto e i dodici dove tutto si mescola, infanzia e precognizioni di morte, acuta coscienza di sé e capriccio atomico, innocenza e malizia giocano nella stessa squadra): a undici anni io leggo i fumetti in bagno e faccio il bidet. Appoggio i fumetti sulle piastrelle ghiacciate del bagno davanti al bidet. Apro il rubinetto al getto massimo, il cannello del rubinetto ricoperto con una leggera maglia d'acciaio che trasforma l'acqua in una schiuma violenta. Ruoto il rubinetto fino a miscelare la giusta quantità di acqua fredda e acqua calda (più calda però),  mi siedo sul bidet dando le spalle al rubinetto. Non so quando ho capito che il passaggio dell'acqua tra le gambe mi faceva sentire bene, non era già piacere sessuale, era solo un'intuizione di piacere, come quando alcuni scoprono che il rumore del phon li rilassa o vedi qualcuno che ti sta simpatico, non sai dire all'inizio perché. (I miei undici anni, una persecuzione di dolore, io attenta studiosa di tutti i possibili antidolorifici legali per poterlo placere). 
Poi un giorno mi esplode un orgasmo tra le gambe mentre leggo topolino. (Ci avrei messo poco a trasformare il mio immaginario erotico  introducendo cazzi eretti, spinte furibonde, tette strizzate, sudore, prevaricazione ed estasi ma per quel mio corpo undicenne tutto proteso al piacere come un fiore che cerca di raccattare le sue ore di sole sul balcone, le entusiasmanti indagini di topolino e le canoniche sfighe di paperino non avevano interferito in alcun modo con quel sorprendente orgasmo) 

Un orgasmo. È come scoprire di avere un superpotere. Come finalmente sentire che questo corpo che sembra così fuori controllo e bisognoso è capace di un immenso piacere che mi lascia tremante, senza fiato, rossa sulle guance, percorsa da un piacere propellente che mi apre il terzo occhio, già a undici anni un obiettivo prioritario. Da quel giorno l'acqua è il mio amante. 
Quando posso - posso sempre, sono spesso sola - mi ritiro in bagno, chiudo tutte le porte a chiave - per paura che il gatto possa magari entrare - e mi lascio scopare dall'acqua. 

Ma tanto si asciuga, ti rispondo. Mentre ci baciamo nella piccola vasca dove si fanno il bagno le nonne, io ti sciacquo il sapone dai capelli, ci riempiamo di baci liquidi e spruzziamo tutta l'acqua fuori. Una parte finisce sull'asse del water che è immediatamente di fianco alla piccola vasca e comincia a colare per terra. Buona parte finisce direttamente a terra e colora di nero lucido le piastrelle, conquista il tappetino, ne invade il rosa pallido con la rapidità silenziosa dell'impero romano convertendolo al rosa scuro sottomesso, organizza capillarmente la sua pesante presenza. 

Acqua: il liquido formato dalla combinazione dell'idrogeno coll'ossigeno e che per accrescimento o diminuzione di calore, dilatandosi o condensandosi passa allo stato sia di vapore e di gelo. 
Deriva dal latino AQUA che viene congiunto alla radice AK, piegare, e si ritrova nel gotico ahwa, l'alto tedesco aha e il celtico ache

Il mio amante che si piega: questa è l'acqua. Apro il rubinetto e aspetto una spinta che si piega su di me, sul clitoride. Di questo sono grata all'acqua del suo piegarsi alla trasformazione, di concedersi all'unione, ma io ho undici anni e questo non lo so, so solo che spinge senza far male, penetra e mi scioglie. All'acqua consacro il mio primo orgasmo, all'acqua rimango fedele, dell'acqua mi fido. 

Ancora di te non mi fido - come potrei - della tua acqua, invece, subito. 

Ah tu ragioni così, mi dici. Ti dico di sì, ma mi chiedo se ci sia qualcosa di sbagliato a pensare così, se sia poi vero che l'acqua per terra asciuga. Ma l'acqua si asciuga. L'acqua asciugherà, usciremo da questa vasca, io per un attimo penserò di darti il mio accappatoio ma poi penserò che forse ti fa schifo - ci conosciamo da due giorni possiamo mescolare tutti i nostri liquidi ma forse il mio accappatoio ti fa impressione - allora prenderò un asciugamano colorato e te lo sfregherò su tutto il corpo, resteremo seduti sul divano per qualche minuto per finire di asciugarci, forse ci daremo ancora baci ma senza esagerare che abbiamo appena fatto la doccia e nel frattempo tante gocce d'acqua si dissolveranno nelle fughe tra le mattonelle e cominceranno il loro grave inesorabile viaggio verso il piano di sotto dove vivono C ed M che ancora non vedono la macchia che ci metterà anni a manifestarsi. Raggiungeremo a fior di cemento la stazione Centrale nel primo pomeriggio - le gocce cominciano a infiltrarsi alle dodici - ci daremo gli ultimi baci che sanno sempre meno d'acqua e sempre più di umano, metabolico, residuale, personale e sedentario umano salivare. Prenderai un autobus poi un volo per Rennes  - che hai pagato 19.99 euro, forse 24,99?- e già sul volo sentirai asciugarsi il mio odore sulle guance, ma non lo ricollegherai a me, piuttosto a un generico ricordo simpatico dell'Italia che laverai nel lavandino del nord della Francia dove niente asciuga mai perché piove quasi sempre. Io nel frattempo proverò a coprire rapida il tuo odore con le lacrime di chi parteggia per l'acqua che scorre, per te che scorri e fluisci - è giusto, è così, questa è la libertà di cui siamo affamati - ma dentro ci sono acque tue reflue che penetrano nei tessuti, avanzano dentro le ossa. Non asciugano. Le persone che mi scopo di solito non asciugano. Diventano ritenzione idrica, diventano acqua che non idrata, non disseta, solo pesa. Come posso dissetarmi del tuo veloce passaggio torrenziale. Continuerò a fare la doccia insieme a qualcuno che non conosco e non conoscerò mai e gli dirò non ti preoccupare che asciuga.
Ci vorranno anni prima che C mi suoni al campanello per dirmi che c'è un'enorme macchia sul soffitto del bagno, mi dice, non ce ne siamo mai accorti fino a stamattina quando una goccia mi ha bagnato la fronte mentre sedevo sul cesso e io penserò a tutte le volte che ho detto "non preoccuparti, asciuga".