lunedì 5 gennaio 2015

PINODANIELE

Pinodaniele non lo sa e non lo saprà, ma mi mancherà tutta la vita. Ci sarà sempre uno spazio per un sentimento chiamato Pinodaniele. 

Per esempio per me pinodaniele è un tardo pomeriggio a Londra, a casa di mio padre, che non c'era, come al solito. Mi annoiavo ed ero cicciottella e troppo pavida per superare il complicato sistema antifurto che mio padre aveva attivato prima di uscire e avevo già guardato tutti i film del mondo. Quindi facevo la ginnastica. Con "Io per lei"e tutte le canzoni dell'unico disco che conoscevo, in mezzo alla musica forestiera. Mi ricordo che quel giorno riuscii a fare la spaccata per la prima e unica volta nella mia vita. L'unico testimone era Pinodaniele. Che con quella vocina dolce sembrava dirmi "brava!".
PinoDaniele - diario partenopeo

Pinodaniele è quella sensazione di essere importanti nel mondo anche se sei cicciottello e con la voce buffa. Anche se sei tamarro. Anche se hai dei capelli lunghi vaporosi, grigi e ti vesti come un camionista dell'Arizona. 

Pinodaniele è anche un sentimento complicato di familiarità e vergogna, infatti non ho mai sbandierato il mio amore per pinodaniele. Specialmente tra amici e familiari a cui spesso sentivo dire "Pinodaniele, sì, ma solo il PRIMO Pinodaniele, quando si faceva d'eroina, poi è diventato commerciale". Per me invece Pinodaniele è tutto Pinodaniele. Anche quello di "Sara", anche quello di "Dubbi non ho",  anche quello di "col sorriso di plastica mentre fai la ginnastica", perfino quello che canta con Irenegrandi. Mi dicevo, se lo ha fatto Pino vuol dire che c'è un buon motivo.

Pinodaniele è quella leggera sensazione di sollievo, di sapere che aveva superato demoni tossici e adesso era qui, magari più pop, magari più synth, magari con ritornelli imbecilli e accenti melensi, ma presente. Mi ricordava la storia di mio padre che per anni aveva danzato con la morte come lui ed era ancora qui, insopportabile ma qui, sulla terra. 

Pinodaniele è un sentimento di perdono: ero sul cammino di Santiago, una ragazza di vicino Napoli mi aveva lasciato in malomodo, senza cuore. Io camminavo tanto per non pensare. Avevo anche lasciato l'iphone dietro per disintossicarmi lo sguardo da quei pallini rossi che segnalavano un suo possibile messaggio. Ma poi per lasciare dietro i rigori fanatici, ho chiesto in prestito il lettore a mio fratello. Avevo un leggero timore, di tornare alla mail, di vedere se mi aveva scritto, se aveva cambiato idea, di cadere nella rete. Per distrarmi ho guardato che musica aveva: l'intera discografia di Pinodaniele. Non avevo mai saputo della passione di mio fratello per Pinodaniele. Siamo cresciuti distanti, eppure Pinodaniele aveva parlato a entrambi con il cuore, a noi piccoli torinesi dai modi freddini. Salivo sui lievi pendii delle Asturie e guardavo l'oceano ascoltando "Cammina, Cammina", un pezzo in cui un vecchieriello cammina sul porto ogni giorno e pensa a sua moglie che è morta. 

Pinodaniele è un sentimento di innocenza, di buono, di semplice, di essere irresistibilmente dolce, di essere disarmato - me sent' nu creaturo ca nun po' fa pipì. Era l'amicizia con una mia compagna di liceo, napoletana anche lei, con cui ascoltavo Napul'è, pure se a Napoli non c'ero mai stata. Era essere un po' ingenui. Era cantare napoletano, inglese e italiano e tutto si teneva insieme con la musica. 

Pinodaniele è imparare gli accordi di "E cerca e me capì" e "Putesse essere allero" sul tetto di una piccola casetta del Pigneto, durante un'estate difficile, quando mia sorella si è ammalata e provavo a imparare una canzone da cantarle in ospedale. Mai riuscita. Ma lei è guarita e secondo me è stato anche Pino a proteggerla.

Pinodaniele è una sensazione inadeguata, intima e ridicola, come sentire della sua morte da un dj di una radio stupida in un bar qualunque di Milano, è sapere che mentre andava all'ospedale per provare a salvarsi dall'infarto ha bucato una gomma sull'Aurelia e quante volte capita oggi giorno di bucare, dai, e  porcaputtana non lo vedrò mai in concerto e pagare in lacrime il caffè con il barista perplesso - che fai, piangi per uno famoso? - e comprare una kenthia alta due metri per provare a mettere qualcosa di vivo in questa giornata. E' quella cosa tragica e comica che mi fa sentire così vicina a lui oggi.
















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