venerdì 7 novembre 2014

SORPRESA

Dal latino SUPERPREHENDERE, prender sopra. Composto di PRE, dinnanzi, e HAND, radice ariana da cui derivano molte parole: edera, get (in inglese), hand cioè mano. E' quindi cogliere all'improvviso. Non è molto interessante come etimo da scavare, o almeno non oggi. Però una lettrice mi ha chiesto di scriverne. Io le ho detto che non era interessante e che non l'avrei fatto ma ora le faccio una sorpresa. 


E poi ci sei tu. Al telefono. Io fuori, fa freddo e dentro c'è un orrendo gruppo punk. Quindi meglio star fuori in terrazza a parlare con te. 

"Ma è una sorpresa", ti dico. 

E spero che una sorpresa ti faccia venire qui. E tu mi dici che comunque non puoi venire. E io insisto e poi spazientisco e dico, be' tanto non saresti neanche in grado di goderti una sorpresa che ha a che fare con lo stare bene. 

"Le terme!", dici tu. 

E io dentro ammutolisco. Nell'ordine penso"mica scema la ragazza". Poi penso che ho la fantasia di un ragioniere brianzolo, che regala alla moglie un ingresso di coppia alle terme con triste calice di champagne e tu non sei mia moglie né tantomeno brianzola. Penso che è la seconda sorpresa che ti sciupo. La volta prima ti avevo detto che volevo comprarti i biglietti per il concerto dei Mogwai. Quando te l'ho detto non li avevo neanche comprati. (Neanche stavolta)  Ma ero arrabbiata e speravo ci rimanessi male. Quante sorprese si possono sciupare prima di diventare un'artista della delusione? Mi ricordo mia madre, che non riusciva mai a fare una sorpresa. Ma lei lo faceva in modo diverso, si dimenticava di dover serbare il segreto, un dono di Natale, una nascita, un progetto. A un certo punto la sua incontinenza è diventata sorprendente perché se qualcosa non doveva essere detto lo diceva, altro invece, che doveva circolare, veniva taciuto. 
Parliamo ancora e senza sorprese si chiude la telefonata, tu non vieni e non mi vuoi. Non sono neanche riuscita a farti una sorpresa. Non sono riuscita a prenderti (con le mani contenute nell'etimo di prendere) e neanche a coglierti all'improvviso.
E' stata una sorpresa essere così incapace di farti una sorpresa. E' come trasportare un uovo per chilometri e farlo cadere nell'ultimo metro. E' come trattenere il respiro perché c'è un ufficiale della gestapo nella stanza che vuole catturarti e improvvisamente starnutire. E' la stessa impazienza che ebbe la mia bisnonna quando tolse il gesso prima del tempo al suo figlio per vedere se la cura aveva funzionato e sollevandolo per le braccia lo rese gobbo per sempre perché le ossa non avevano ancora calcificato. Lo chiamarono il gobbo per il resto della sua vita, ma era il più furbo di tutti .

Sorpresa è come essere incinta di qualcosa ma il figlio non è nella pancia, è nel futuro. Poi tu mi fai una sorpresa. Ti dico qualcosa che qua è troppo imbarazzante per me da dire (come quasi tutte le cose che ti dico) e tu mi dici:

"Leggi Un uomo solo, di Isherwood".

Tu, figlia di professoressa, senza possibilità d'appello, da sempre la migliore, circondata di alunni sempre impreparati, hai questo istinto molto preciso sui libri. Non credo tu abbia sviluppato altro finora, ma quello sì, è l'intuito più  benevolo che hai a disposizione, spaventata come sei di tutto il resto. Oggi nello strazio di nessuna-sorpresa-di-te-che-vieni-qua, vado al libraccio. Giro gli scaffali dei volumi usati e poi lo vedo, in un angolo, nell'ultimo ripiano in basso, quello dove abitano i folletti. Mi chiama. Bey, eccomi, comprami. Sono Un uomo solo di Christopher Isherwood. Mi metto a ridere in mezzo al libraccio, vado alla cassa e vorrei dire alla cassiera, sa cosa mi è successo? Lei lo sa da dove viene questo libro? Questo libro lo ha messo lì l'Universo! E lei mi direbbe no, è solo il romanzo più riuscito di Isherwood e non è così infrequente. Io le direi, no guardi che per me tutto questo accade per un motivo, cioè non è casuale, non è solo un altro evento nel mondo. Ma oggi preferisco tenere il segreto. Tenere la sorpresa. Comincio a leggere e non c'è niente intorno a me che parli di una sorpresa, non ci sono scoppi di risa, e grandi oooooooh di stupore o accenni di spavento. Ci sono solo io, che leggo camminando al galoppo urbano eppure mi sento luminosa come una medusa. Non credevo un cuore potesse sprigionare tanta luce. 







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