giovedì 8 marzo 2018

Scopare

Se su google cerchi scopare trovi questo:


scopare
sco·pà·re/
transitivo
  1. 1
    Pulire con la scopa, spazzare: s. il pavimento, una stanza; anche assol..

    "ho finito di s."
  2. 2
    non com.

    Consumare completamente ogni cosa.
    "hanno scopato tutto quello che era in tavola"
intransitivo 
    1volg. 
           Avere un rapporto sessuale con qualcuno

Scopare con te ha coperto tutti i campi semantici: pulire, consumare, scopare. 
Mi hai scopato dal corpo un po' di solitudine, con contatto di mucose ben aderenti e colpi energici. Abbiamo due corpi tondi di polpa forte e morbida. Mi hai ripulito di tutte le briciole di desiderio che accumulavo nei giorni. Hai spinto con forza, negli angoli, ripassando più volte, accumulando tutto in punto, svuotando poi i residui di godimento sulla mia pancia, abbiamo riso come bambini che fanno finta di pulire casa e poi la sporcano di nuovo. Io sotto di te, appena schiacciata, mi facevo perlustrare, silenziosa come terra invernale e grandi pozze di acqua dove scivolavi dentro ogni resistenza. 
Abbiamo consumato tutto. Baci, baci maldestri, baci soffocanti, preservativi, magliette, peli in bocca, peli per terra, polvere di pelle, seme caldo, crampi, chiedersi se i vicini sentono il casino, tisana e noci rotte a mezzanotte, rime tenute in testa e dubbi taciuti, occhi chiusi, candele e ridere, parole accennate, domande ansimanti, e il tuo dialetto che mi scioglie qualcosa in mezzo alle gambe. Abbiamo consumato il tempo del corteggiamento: anzi sono stata io a spingerti nel letto per paura che in realtà non avessi voglia di corteggiarmi. Faccio all'amore quello che la medicina fa con la malattia, taglio i sintomi non indago sulle radici dell'infiammazione, rimuovo il dolore, respingo la domanda che ogni malattia porta con sé. Mi prendo il tuo corpo come una compressa, con poca acqua prima di coricarmi. Sperando sempre che funzioni, ma non funziona mai.
Abbiamo avuto un rapporto sessuale. Anzi, tanti. Tanti quanti gli anni della nostra amicizia. Durante la quale raramente ci siamo posti il problema se fosse il caso di sfregarci i corpi oppure no. Ma insomma, scopare è scopare e si può fare in amicizia, non mi ricordo chi l'ha detto, diverse amiche hanno confermato questo leggendario unicorno della scopata senza rimorsi e senza impegni. Che amarezza scoprire che della scopata mi interessava la sua unica assenza: l'intimità. Il mio personale unicorno. 
Rimane in fondo a tutte queste definizioni questo misterioso qualcuno, questo qualcuno con cui si scopa che è sempre e solo un qualcuno (che non saprò mai dove mettere nei ricordi, in quale cassetto dell'amore che per me fa girare le stelle devo mettere chi ho scopato). Questo qualcuno che non conoscerò perché tu al mio accenno di bisogno sei scomparso, come un'auto al tornante che giustamente non ha bisogno di fermarsi prima del tornante, non ci si ferma in quelle strade dove non c'è nulla, nelle strade con i tornanti si procede di curva in curva.
Poi certo, arriva l'amica che ti ricorda tutta la preziosità dell'esperienza, del prendere da ogni rapporto quello che ti può insegnare, del godere del momento, del godere tutto solitario che deriva da una scopata, dove si gioca a chi prende di più e con più furbizia e scappa via prima e fa tana per tutti. (E certo, non sono venuta, non so prendere, la mia educazione cattolica mi ha insegnato che prendere è meno bello che dare, bastardi ridatemi la mia suprema egoista avida infanzia). Forse un po' di gioia nel dare, nel farti un pompino che in ogni caso ti ha lasciato un graffio sul cazzo (non so fare i pompini e spesso i denti ci vanno di mezzo).
Tu mi dici chiaro cosa succede tra di noi (niente), ma io ormai su di te ho fatto partire una lenta proiezione di altro, una specie di ologramma tutto mio a cui dedico fotografie, lacrime e canzoni registrate al buio prima di andare a dormire. (Dio come non ti meriti la mia voce meravigliosa).
Ieri ti incontro, sei fuori con un'amica, siamo tutti a sentire una poetessa, la mia preferita, anzi la preferita di tutti. Il mio cuore trivella e perfora, sento male in mezzo al petto perché forse tu con quest'amica con cui sei uscito stai facendo quello che io e te non abbiamo fatto, uscire per stare solo insieme, conoscersi, accordare il ritmo del camminare, sintonizzare lo sguardo, aprire e chiudere il viso l'uno all'altro, guardarsi con il primo bene di chi inizia a conoscersi e mette a fuoco ogni lettera, ogni lineamento.
La mia psicologa mi domanda infatti "ma oltre a scopare avete mai fatto una cena, un cinema, qualcosa?" (Sì, la mia psicologa dice scopare, è per questo che vado da lei). Poi come sempre inizia il suo gioco di iniziare la frase per vedere se riesco a completarla: 
"se uno scopa subito si perde la.......?" 
"e compromette qualsiasi possibilità di costruire una....?"
"e l'incertezza fa parte della ....."?
Chiudo con piccola promessa a tutte le amiche che ho chiamato ripetendo ogni volta "ah, ora sì, ora ho capito, ora so cosa significhi rispettare me stessa, ora ne ho abbastanza di questo vuoto devastante, di questa bomba h di nulla che mi stende il giorno dopo di una scopata senza futuro, ora so volermi bene, ora so che devo prima provare fiducia e avere un reale scambio eccetera eccetera eccetera". Prometto che la smetto di farvi queste promesse. 
Resta nel cuore la parola scopata di cui sono figlia: narra la leggenda microfamiliare che un gelido inverno, mia madre, per salvare ancora del materiale genetico di mio padre (l'unica cosa buona che tuo padre mi abbia lasciato), sia entrata nel letto di mio padre, anni dopo la fine del matrimonio. Una sola, probabilmente poco romantica scopata che nove mesi dopo mi ha permesso di uscire, nello stupore di chiunque, dalle gambe di una mamma di mezz'età, un po' stanca della vita ma molto ingenua, che ha sempre creduto nella bontà degli estranei e dei rapporti non recuperabili. 





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