lunedì 20 ottobre 2014

PAZIENTE

Ci sono delle immagini che compaiono come cartoline quando penso alla parola paziente. Spesso è una donna vestita di nero, da testa a piedi, seduta con le braccia conserte su una sedia di legno appoggiata al muro di una casa. E altre associazioni tutte spesso legate al dolore. Pazienza è qualcosa che tiro calci all'aria ogni volta che la sento. Pazienza è il rimprovero tatuato sulla nuca da mio padre, forse l'unica forma di rimprovero. Ma è un'associazione etimologica drogata dal mio contesto, dal mio immaginario, dalle mie esperienze. C'è una lettura ampia di pazienza che non ho mai avuto la pazienza di esplorare. 
Ok, ora saltiamo indietro di quindici anni. (cioè dove sono rimasta nel mio sviluppo emotivo) qualcuno - un professore? una professoressa? - non so, qualcuno dice: ragazzi l'etimologia di pazzo è bellissima, è qualcuno che sente troppo. (Quel momento fatale ha determinato conseguenze disastrose e giustificato molti gesti che ancora mi imbarazzano).
Sente troppo perchè deriva dal deponente PATIOR in latino soffrire, dallo stesso radicale di pathein, in greco---- sentire, da dove deriva paziente.
Questo sentire in greco è specifico: è sentire un'intensa emozione. La nostra lettura di intensa emozione è stata nel tempo impacchettata nel dolore, questo impaziente vizio occidentale di far coincidere il senso di una parola con il suo acme esperienziale. Dove pathein conteneva universi di "sentire": conteneva quella struggente sensazione di impotenza che mi stringeva il cuore alla sera aspettando la mamma, quel gioco che il tempo faceva con me (tornerà?) e tornava sempre, ma alcuni minuti erano fortissimi.
Pathein contiene quel formicolìo di me seduta al banco che smànio per qualcos'altro che vorrei fare e non so cosa sia. Pathein contiene il tempo tra un messaggio e l'altro, quello in cui penso a lei, anticipo, immagino, sento. Impaziente è saltare i passaggi, è "dammelo subito", "quando arriva?", "non funziona, cazzo".

Invece è così che mi suggerisce di essere il mondo: paziente, ma non perchè attendo, piuttosto perchè sento.
Paziente è quindi colui che dal medico, con il tocco del medico, sente di nuovo il proprio corpo, riprende l'intensa sensazione di avere un corpo, forse proprio perchè malato. Il dolore del corpo essendo una specie di richiamo. "Hey! Mi senti? Sono qui, sono il tuo corpo!"

Paziente come sentire ogni momento del processo e dilatare la maglia del tempo.
Paziente come preferire tutto quello che viene prima di quando succedono le cose.
Come dice la mia maestra Maia, quando si aspetta senza aspettare.
Poichè sono paziente non aspetto seduta su quella sediolina vestita di nero, là non si sente niente.

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