Siccome sono una persona fortunata, oggi mi trovavo a leggere un bellissimo manoscritto che parla anche di Fukushima ma in forma narrativa. Ad un certo punto leggo: Fukushima means "Happy Island". Fukushima significa Isola Felice.
E a parte le tragicomiche riflessioni che si possono fare sulla Storia che ha sempre il beffardo sorriso del Joker - quell'ostinazione ottusa che ci costringe a nominare i quartieri più orridi con appellativi felici come via dei ciclamini in luoghi dove non potrebbero crescere mai, o cittadine americane felici Paradise o Sunshine, posti dove se ti va bene tuo figlio si droga, se ti va meglio prende a fucilate i compagni di classe.
A parte questo considerazioni, mi sono resa conto del perchè preferisco la narrativa al giornalismo. E' il tempo di riflessione. E' una cosa che noto anche nelle persone: quelle che mi piacciono di più, di solito, ci mettono qualche secondo in più a rispondere a una domanda. Di solito perchè pensano veramente a quello che dicono, di solito perchè aspettano una risposta dell'intuito oltre che del cervello, di solito perchè stanno riflettendo davvero su quello che tu hai detto. La narrativa fa lo stesso.
Il giornalismo invece fa così: succede qualcosa, ti dice, ti conta i morti, ti spiega chi, cosa, dove, quando, perchè. La narrativa invece aspetta un po' di più e ti dice cose apparentemente inutili come il significato del nome di un posto, inezie che invece dilatano la percezione degli eventi, ne rivelano un disegno.
Inezie che raccontano il tempo in profondità.