martedì 31 gennaio 2012

SPAZIO



Anche oggi il jazz mi ha salvato la vita.


In pratica sono uscita dal lavoro indecisa se togliermi la vita o suicidarmi. Ho fatto un po' di cazzate tipiche dei primi giorni. (E anche tipiche della mia tendenza a fare cazzate) Ma odio sbagliare, sento degli tsunami interni che mi tolgono ogni dignità. Non sono capace, come alcuni, a trasformare un proprio errore in un'occasione di riso bonario. Io soffro e basta. Divento anche rossa.

Poi comincia a nevicare e io soffro ancora di più del fatto che è così bella la neve e sono così poco attenta alla neve perchè il mio cervello è un disco rotto che continua a girare la stesse conversazioni in cui avrei potuto dire qualcos'altro e le stesse sviste che avrei potuto evitare fossi meno impanicata.


Insomma arrivo alla lezione di piano jazz. E il mio maestro, che secondo me dovrebbe fare il sindaco del mondo, a un certo punto ci dice che una struttura non va intesa come una sequenza di accordi in cui devo "completare" le caselle mettendoci gli accordi. Nel jazz è questione di trovare il proprio spazio. Non si può pensare in termini di "se non metto questo accordo si sentirà che non ho messo questo accordo" . Lo spartito classico funziona così nella maggior parte dei casi, se non metti una nota con ottime probabilità se ne sente la mancanza. Nel jazz il punto non è fare un accordo dopo l'altro, ma trovare, tra gli accordi, il proprio spazio. Non si sente la mancanza di un accordo, si sente però la mancanza di un'esplorazione.


E io mi sono tranquillizzata. Non vi so dire perchè. Ho sentito un alleggerimento e Milano era di nuovo bellissima sotto la neve.


SPAZIO dal latino SPATIUM, da confrontarsi con il greco dorico spadion e il greco attico stadion. Dalla radice spa- stendere, estendere. Anche il tedesco antico si comporta in modo simile con spannan, distendere.

Si conviene nell'attribuire anche pandere - latino - (che è allargare, spalancare) alla radice sanscrita SPA- crescere, estendere, gonfiare.

Il proprio spazio non è quindi qualcosa che va conservato, ma espanso. E il fatto che l'universo sia in espansione non fa che confermare il significato della parola spazio. Lo spazio non è contenuto ma si sviluppa per natura.


Infatti quando i rigidi dicono - questo è il mio spazio, questo è il tuo spazio - in realtà non usano correttamente il termine perchè quella cosa che loro chiamano spazio sta già allargandosi a loro insaputa, raggiungendo l'altro.


Non sto dicendo che sbagliare sia il modo migliore per trovare il proprio spazio ma sbagliare va in una direzione più espansiva che trattenersi dall'agire.

sabato 28 gennaio 2012

TOSA



L'altro giorno io e la mia amica Marta abbiamo camminato per più di un'ora. Da corvetto fino a zona Solari dove abitiamo entrambe. Marta è per me una buona amica. Come quelle che si trovano nei libri che parlano di amicizia. E Marta sa moltissime cose su Milano è una milanese doc. Mentre tornavamo mi diceva: ma lo sai cos'era Sant'Agostino fino a poco tempo fa? E io: no. E lei: "Il più grande macello di Milano!". E così via, lei conosce le antiche vie d'acqua che oggi per noi sono solo strade d'asfalto. Lei, infine, conosce la mitica Porta Tosa, che non ho ancora capito dove si trovi. In pratica Porta Tosa si chiama così perchè una volta vi si poteva ammirare una fantomatica stele longobarda raffigurante una giovane fanciulla con la gonna sollevata tutta intenta alla tonsura del delta di venere. Ancora il dubbio rimane: che Porta Tosa si riferisca al fatto che vi sia raffigurata una fanciulla o piuttosto al pubico gesto tosa-tore della giovane impudica? Toso deriva comunque dal latino TONSUS che per i ragazzi ha senso, indica l'imberbe, lo sbarbatello. Ma per la tosa si riferisce forse alla barbara pratica dello sbarbamento di quella barba che non copre il viso?






P.s.: In realtà per altri etimologi, toso proverrebbe piuttosto da in-tonsus per apocope del prefisso, secondo l'usanza diffusa nel medioevo tra i longobardi di lasciare ai ragazzetti i capelli lunghi. Savonarola impose il taglio poi della chioma perchè indurrebbe alla lascivia. Al contrario una lunga chioma pubica è un deterrente a qualsiasi momento di abbandono erotico. E' quella la differenza tra chi è una tosa e chi non è una tosa.



lunedì 23 gennaio 2012

DISPONIBILE



Ah che palle. Oggi mi sono sentita chiedere se sono disponibile per un lavoro. Mi è venuto da piangere. E ho anche risposto male alla persona che pure non ha nessuna colpa. E' l'espressione che non sopporto. Disponibile, da disporre, cioè sincopato dal latino DISPONERE, composto della fottuta particella DIS-che indica separazione, distribuzione, e PONERE, porre.


Porre a suo proprio luogo, con un certo ordine, secondo un dato disegno o un fine voluto. Quindi DISPONIBILE che si può disporre, da poterne disporre.

Sono sempre stata considerata una disponibile e questa è una cosa che mi dà profondamente sui nervi. Prima no. Prima l'associazione istantanea era un viso sorridente, una pancia aperta, un gesto di apertura delle braccia. Invece disponibile non è un gesto, è un'attesa flessibile. E' aspettare di essere richiamati per un lavoro e quindi doversi tenere DISPONIBILI nel frattempo.

Prima di essere presi, caricati, spostati, di nuovo fatti sedere, di nuovo interrogati, di nuovo spremuti.
Più di ogni lusso, ogni casa, ogni viaggio, ogni vestito o trucco, vorrei il lusso di non dover essere disponibile.


Disponibile mi fa sentire come una puttana.

Come certe persone sono sensibili al nichel o al rame, io sono sensibile alle parole. Scatto come un toro che vede rosso o Sgarbi in televisione con il ciuffo. E domani dovrò anche chiedere scusa per la risposta aggressiva.



domenica 22 gennaio 2012

PAROLE Sì, PAROLE NO

Da uno dei miei libri del cuore, Le Ore di Dolores Prato (Adelphi), consigliato da una donna che odio con tutto l'animo e che nondimeno mi ha introdotto, anni fa, a un'autrice straordinaria. Spero che l'amore per quest'autrice superi in longevità l'odio nei confronti di questa donna che mi scippò l'amore. (E che non fu buona a null'altro).



La Prato distingue le parole che usava in casa, a Treia nella Marche, e quelle che usò poi dopo in convento.




In paese la gente che lavorava era stracca, gli altri erano stanchi. In collegio si era tutte nobilmente stanche quando era permesso dirlo.



A Treia dicevano sciapa quando la minestra mancava di sale, sciapo quando un giovanotto era stupido. In collegio si diceva insipida per la minestra. Dei giovanotti non si parlava.



Invece di rispondere solo sì, è meglio dire "sì, cara!".



Rispondere "subito" invece di sì quando c'era richiesto qualcosa.



In paese la diarrea era chiamata sciolta. "Ho la sciolta" Ma si diceva anche, più volgarmente , la cacarella...Attenzione con un solo c. In convento potete figurarvi se aveva diritto di asilo cacarella e sciolta ma neppure diarrea. Però siccome il fatto s'infischiava della clausura e appariva lì dentro come là fuori; c'era un discorso lungo come un'antifona per dire una cosa sola.



Avanti a mamma ci si faceva mettere l'articolo, avanti a zio, a quasi tutti i parenti, era più nobile più raffinato. E così: mamma, zio, zia diventavano la mamma, lo zio, la zia.



Mischiare si diceva in paese. Mescolare in convento. Mischiare, mischiato, azione veloce fatta a mano, mescolare azione sublimata da una palettina.



Le cerase, diventarono le ciliegie,

le persiche, le pesche



Dopodomani si diceva a casa, credo anche in tutto il paese, ma in collegio dicevano doman l'altro, e io seppellii i dopodomani.




Segue...

mercoledì 18 gennaio 2012

VIAGGIO

Viaggio, viaje in Spagna, voyage in Francia, deriva dal latino VIATICUS che vale come riguardante la via, e in forma neutra, VIATICUM, è la provvista per viaggiare, che ne' tempi bassi era la cosa più importante per chi si metteva in cammino. Poi con l'avvento dell'Autogrill il termine ha assunto un diverso senso, l'odierno Cammino che si compie per arrivare da un posto a un altro.


Via deriva dalla radice VAH, andare, muoversi.


Il viado, cioè il travestito di origine brasiliana o più genericamente sudamericana, deriva dal portoghese viado, forma abbreviata di desviado, cioè persona deviata. Per nasconderne il significato così crudo si fa erroneamente risalire a veado che in portoghese vuol dire cerbiatto.






martedì 17 gennaio 2012

IMPEGNO

Oggi a lezione di pianoforte volevo morire, ho fatto schifo, era un pezzo nuovo a cui però dovevamo applicare degli schemi (e si parla di jazz baby, NULLA è più importante degli schemi) su cui avremmo dovuto esercitarci. Io ho fatto schifo. E ho anche fatto presente al mio insegnante che non ho un pianoforte perchè costa troppo e la vita fa schifo e povera me, ma in ogni caso il punto non è quello. E' che devo rafforzare il mio impegno. Il karma su cui devo lavorare in questa vita è proprio l'impegno. Non a caso sono circondata di amiche che si chiamano Costanza. Certo meglio Costanza che Maria Tenacia. Comunque la parola chiave oggi è IMPEGNO.

Nel significato originario impegnare significa Dare o Mettere in pegno, ossia dare a qualcuno qualcosa in cambio di danaro. Nel caso del riflessivo IMPEGNARSI, significa obbligarsi a fare, dare in pegno la parola, la fede. Mettere in pegno se stessi. La differenza con Obbligarsi, sebbene la definizione sia ancora approssimativa, sta nel fatto che uno si obbliga a fare qualcosa che è nella convenzioni, che sta a lui compiere. Impegnarsi invece si promette di fare ogni sforzo per ottenere cosa che non è in nostro potere.

Che è buffo che si chieda così tanto impegno ai giovani d'oggi, di dare in pegno il proprio presente per un futuro che è già stato impegnato da quelli prima. Anche in questo caso è solo questione di impegno.

domenica 15 gennaio 2012

SINCERA

Sono quattro giorni che non scrivo etimi e nonostante il pungolo del senso di colpa nei confronti di questa mia autoimposta disciplina mi tormentasse, non ve n'era, non avevo voglia, a essere sincera.



Da SINCERUS che nella tradizione si dice composto di SIN-E senza e CERA cera, come miele purgato. Il miele senza la cera, un miele puro, sincero. Come Glen Grant.


Ma in un manuale che si chiama "Tattiche d'amore 2" (queste le improbabili vie della mia altrettanto improbabile vita sentimentale) dice che si diceva delle statue che non venivano "ritoccate" con la cera per eliminarne le imperfezioni. Quindi senza cera erano le statue nella loro nudità.

Un'altra ipotesi invece, più scientifica ma meno consueta, propone la scomposizione di sincero in SIN=SIM non come sim card ma come rappresentante di SIMUL (=sanscrito samà) insieme e CERUS equivalente dell'antico tedesco kiri, puro. Un altro propone Sin come contratto da SIMPLEX, semplice e -CERUS formato sulla radice kar, creare. Semplice per natura.



Insomma dopo questo florilegio di ipotesi improbabili quasi quanto la mia vita sentimentale ci si imbatte nell'ultima ipotesi che combina SIN-E, senza, con la radice skar, (che è anche lo zio di Simba) con il significato di inquinare. (da skar, anche scear-e e poi sterco).

Quindi senza impurità.


Le oscure origini della sincerità.

(La foto ritrae la statua di cera di Jenna Jameson)