lunedì 9 gennaio 2012

INCINTA

Siccome fioccano le telefonate di amiche che cominciano con "ti devo dire una cosa..." mentre io non ho ancora fatto la telefonata del "siamo al secondo appuntamento!!!"dedico la giornata di oggi alla parola INCINTA.


Iniziamo subito con una smentita, per me, clamorosa: io, lo ammetto, ho nutrito forti antipatie nei confronti di suddetto etimo credendolo, in malignità, appartenesse a quella categoria di parole che svilisce il mistico dono procreativo della donna. Una categoria in cui rientrano parole come gravida e pregna (che fa rima con cagna). Incinta, come qualcuna che abbiano legato a un palo con una cinta intorno al ventre oppure, come credeva Isidoro di Siviglia, che derivasse dall'uso delle donne in attesa di girare non cinte. Incincta, secondo lui, est qua sine cinctura ob uterum. E comunque, anche se non è quello il percorso etimologico corretto, io, Isidoro lo candiderei a un piccolo "Forcipe d'argento" per aver avuto quest'intuizione preziosa. Provaci tu infatti a mettere la cintura al nono mese.



Deriva invece da INCIENS, latino usato da Plinio, dal greco EN-KYOS, composto questo da EN, particella pleonastica e KYO, (mi raccomando Y a casa mia si pronuncia u), porto nell'utero. (kyos essendo feto). A sua volta ritroviamo la radice ku, in sanscrito, cvayami, divento tumido, cresco. E nel participio passato è cunas, gonfiato.


(Buon viaggio piccolo amico papalagio....)


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